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martedì 14 giugno 2011

Mignolino

Molto tempo fa un onest’uomo e la moglie vivevano in un piccolo villaggio nel sud del Giappone. Erano felici insieme e anche quando erano stanchi per la giornata di lavoro, si rallegravano a vicenda raccontandosi le notizie del giorno. Kenta (questo era il nome dell’uomo) raccontava alla moglie le cose che erano accadute nel villaggio, e Mori, la moglie di Kenta, raccontava al marito quello che le avevano confidato i vicini.
Malgrado la loro povertà Kenta e Mori erano felici insieme. Ma alla loro felicità mancava qualcosa, perché non avevano un figlio a cui trasmettere il nome di famiglia. Ogni mattina la vecchia coppia pregava la Dea del Sole perché concedesse loro la benedizione di avere un figlio.
Tanta era la forza con cui desideravano quel figlio, che un giorno, mentre pregavano, dissero:
«Saremmo felici anche se nostro figlio fosse piccolo come i nostri mignoli. Se ci doni un figlio, faremo qualunque cosa per ricambiare la tua gentilezza».
Trascorsero molti mesi, ma non nacquero bambini. Alla fine, quando avevano perso quasi ogni speranza, Mori fece una sorpresa al marito annunciandogli che presto avrebbero avuto un bambino. Non ci sono parole per descrivere la gioia di Kenta! Corse subito al tempio del villaggio e ringraziò la Dea del Sole per la benedizione che aveva accordato al loro matrimonio.
Ma quando venne il giorno della nascita, tutti furono molto sorpresi e confusi nel vedere che il bambino non era più grande di un dito mignolo.
Malgrado ciò Kenta e Mori erano felici e non dimenticarono la promessa fatta alla Dea del Sole. Accettando la sua benedizione chiamarono il bambino Issunboshi, che significa “Minuscolo-come-un-Mignolo”, poi lo chiamarono “Mignolino”.
Benché il bimbo fosse piccolo come un dito mignolo, Kenta e Mori lo amavano con tutto il cuore. E pur diventando sempre più adulto e forte, Mignolino rimase piccolo proprio come quando era nato, mentre Mori e Kenta si recavano spesso al tempio per pregare la Dea del Sole di proteggere il loro minuscolo figlio.
Ma anche se era piccolo, Mignolino era un ragazzo forte e coraggioso. Un giorno disse ai genitori con la sua voce sottile e gradevole:
«Caro padre e cara madre, vi ringrazio infinitamente per tutto l’amore che mi avete elargito durante la mia infanzia, ma è venuto il momento e ho raggiunto l’età: voglio recarmi nella grande capitale Kyoto dove vive l’imperatore. Voglio servirlo e diventare uno dei suoi valorosi guerrieri».
Kenta e Mori furono un po’ sorpresi, ma si resero conto che il figlio era abbastanza grande per girare il mondo. Eppure era difficile per loro lasciare che partisse. Ma nulla avrebbe soddisfatto Mignolino, tranne andare dall’imperatore e cercare di entrare al suo servizio.
Dopo che la madre e il padre ebbero acconsentito alla partenza, Mignolino chiese loro:
«Dal momento che sto per andare incontro al mondo, mi dareste un ago? Con l’ago potrò farmi una spada. Se devo diventare un guerriero, devo avere un’arma per proteggermi e difendermi».
Allora la vecchia Mori prese un grosso ago appuntito dalla sua scatola del cucito e lo legò all’abito del suo piccolo figlio.
E Mignolino chiese ancora:
«Mi dareste una ciotola di legno e una bacchetta? Per arrivare a Kyoto devo risalire il fiume. Userò la ciotola come barca e la bacchetta come remo».
Allora Kenta corse in cucina e tornò con una piccola ciotola per il riso e una bacchetta. Le porse a Mignolino e gli raccomandò di essere prudente e di usare bene la ciotola e la bacchetta.
Giunse il giorno della partenza, e Mignolino disse addio ai genitori. Usando la bacchetta si allontanò dalla riva del fiume Yodo, mentre i genitori lo guardavano con occhi tristi. Lo salutarono agitando la mano, e ben presto il minuscolo ragazzo e la piccola imbarcazione non furono più visibili.
Le onde e la corrente del Yodo sbattevano qua e là quella barchetta come un tappo di sughero. Ma Mignolino era una ragazzo forte, e ricorrendo a tutte le sue energie, remava con la bacchetta. Era davvero un viaggio pericoloso quello di una barchetta così piccola e il remo sembrava tanto pesante, anche se era solo una bacchetta. Ma era una cosa normale. Mignolino era piccolo e la bacchetta era più grande di lui. Le raffiche di vento e le onde minacciavano di affondare la barchetta. A volte un grosso pesce usciva dalle onde e attaccava quel piccolo strano marinaio disturbando il suo duro lavoro. Ma Mignolino non si perse di coraggio e remò notte e giorno riuscendo a tenere a galla la barchetta.
Dopo un lungo e duro viaggio Mignolino raggiunse Kyoto. Finalmente era arrivato dove voleva, nella città dell’Imperatore.
Contentissimo e consapevole del suo grande coraggio, Mignolino entrò nella città di Kyoto. Non c’era niente di familiare per quel piccolo ragazzo di campagna: non era mai stato in una grande città, o meglio, non era mai stato in una città.
Mignolino si sentiva senza fiato per lo stupore davanti a ciò che vedeva. Lunghi cortei di guerrieri marciavano in file serrate sulla strada principale. Sul lato della strada un signore guerriero in armatura procedeva in sella a un magnifico cavallo bianco. E sull’altro lato della strada c’era una stupenda portantina dorata sostenuta da due robusti portatori, in cui forse c’era una principessa
Lo splendore e il rumore di quella meravigliosa città confondevano Mignolino, e il suo cuore batteva forte per l’entusiasmo. Stringendo sempre più forte la sua piccola spada si diresse verso il palazzo dell’Imperatore.
Arrivò davanti a un alto cancello di legno custodito da due enormi guerrieri con lunghe spade. I due facevano la guardia al cancello e controllavano tutti quelli che lo attraversavano. Mignolino capì di essere finalmente arrivato al palazzo dell’Imperatore.
Poiché era così piccolo, Mignolino saltò con agilità attraverso un’apertura dell’enorme cancello ed entrò nel giardino del palazzo. Si avvicinò timidamente alla porta centrale e gridò:
«Salve! Salve!»
Ma aveva una voce talmente sottile, che nessuno riuscì a udirlo.
Allora Mignolino con tutte le sue forze continuò a gridare:
«Salve, grande Signore, salve!»
Alla fine una delle guardie udì quella debole voce che chiamava e vide Mignolino. Lo raccolse, gli fece attraversare la soglia e lo portò negli appartamenti del suo signore.
Ma, strano a dirsi, l’Imperatore pensò che non ci fosse nessuno. Non si aspettava certamente un ospite così piccolo.
La sottile vocina riprese a chiamare:
«Salve! Salve, grandissimo e immenso Imperatore! Sono qui, vicino ai tuoi piedi!»
E non appena l’Imperatore guardò verso il basso, vide il più piccolo ragazzo che mai avesse visto in vita sua. Caspita! Era più corto di un dito!
L’imperatore si piegò e disse a Mignolino con una voce delicata:
«Mio caro e piccolo ragazzo, che cosa desideri?»
Mignolino rispose:
«Mi chiamo Mignolino e sono venuto fin qui per imparare a essere un soldato valoroso come te».
L’Imperatore si rallegrò di queste parole e del coraggio del piccolo ospite.
«Sarai un soldato», disse. «Vieni a conoscere mia figlia. Credo che potrai essere la sua guardia del corpo».
E fu così che Mignolino arrivò alla grande capitale del Giappone, Kyoto, e diventò la guardia del corpo della principessa di quella città.
Vivere a palazzo con la principessa fu un’esperienza meravigliosa per Mignolino. La principessa si affezionava sempre più alla sua piccolissima guardia del corpo e si faceva accompagnare da lui dovunque andasse.
Un giorno la principessa stava facendo visita a un tempio vicino alla città, e Mignolino era vicino a lei come al solito, svolgendo le mansioni di guardia personale. Sulla strada verso casa attraversarono un fitto bosco e appena si avvicinarono alla sua parte più fitta, un brutto ceffo grosso e feroce sbucò all’improvviso davanti alla principessa. Il malfattore era veramente enorme e afferrò la principessa per le maniche del kimono senza complimenti.
«Aiuto! Aiuto!», gridava la principessa. Cercava di sottrarsi all’aggressione, ma quell’individuo era troppo robusto e la serrava in una stretta inesorabile.
Vedendo la principessa in pericolo, Mignolino sguainò l’ago che gli faceva da spada e si gettò sul bandito, riuscendo a costringerlo spaventato in un angolo.
«Sono ferito!», gridò il malfattore e si guardò attorno per vedere chi lo aveva colpito.
Ma Mignolino era così piccolo che poteva correre avanti e indietro intorno ai piedi dell’uomo conficcandogli il suo lungo ago nelle dita e nei calcagni. E il bandito era così alto e goffo che non riusciva ad afferrare Mignolino e nemmeno a sfuggirgli. Ogni volta che cercava di scappare, Mignolino lo afferrava per i pantaloni, lo graffiava e lo infilzava con l’ago. La cosa si ripeté tante volte, ma quando l’altro cercava di acchiappare Mignolino, lui gli si nascondeva tra le dita dei piedi o tra le pieghe dei pantaloni.
Alla fine, rendendosi conto che non poteva sfuggire a quel piccolino e non poteva afferrarlo, si arrese. Non appena Mignolino saltò fuori dall’erba, il criminale si diede alla fuga nel folto del bosco e abbandonò dietro di sé una grande quantità di denaro e oggetti preziosi e uno scrigno.
La principessa, che si era nascosta tremante dietro un albero mentre Mignolino lottava con il bandito, si avvicinò contenta e ammirata e disse al suo piccolo difensore:
«Ti ringrazio infinitamente per il coraggio che hai dimostrato contro quel malvagio. Mi hai salvato la vita. Se non fossi corso in mio aiuto, mi avrebbe sicuramente portata via nel bosco, e mio padre avrebbe dovuto pagare un forte riscatto per la mia liberazione. Racconterò a mio padre quanto sei coraggioso, e lui ti darà sicuramente una grossa ricompensa».
Poi la principessa raccolse lo scrigno abbandonato dal malfattore lo aprì e disse a Mignolino:
«Questo scrigno» disse «è qualcosa di misterioso e stupefacente, soldatino mio. È il tesoro della famiglia di quel bandito. Esprimi un desiderio, e otterrai tutto quello che le chiederai».
Mignolino fu molto contento ed espresse un desiderio:
«Desidero diventare un giovane grande e forte come gli altri giovani del Giappone».
Espresse tre volte ad alta voce questo desiderio e, con sua grande meraviglia, crebbe di parecchi centimetri ogni volta che lo esprimeva. Davanti agli occhi sgranati della principessa diventò un guerriero adulto e forte.
Quella sera si tenne una grande festa nella sala dei banchetti del grande palazzo. Molti guerrieri lodarono Mignolino e tutti furono ammirati dalla sua forza e bellezza. La soddisfazione dell’Imperatore per il coraggio di quel giovane guerriero fu tale, che gli concesse la mano della figlia.
Il giorno dopo Mignolino e la sua amata sposa ai misero in viaggio per raggiungere la città in cui vivevano Kenta e Mori. Ma questa volta Mignolino non viaggiò in una ciotola e non usò una bacchetta come remo. L’Imperatore aveva donato alla giovane coppia una nave robusta e lucente con grandi vele bianche per cavalcare le onde.
Fu così che arrivarono sulle acque turchine per rendere onore ai vecchi genitori. E, come tutti possiamo immaginare, Mignolino diventò ben presto un grande signore.


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